Collane
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    Banu Subramaniam

    Botanica dell’impero. I mondi delle piante e le eredità scientifiche del colonialismo

    traduzione di Piernicola D’Ortona e Maristella Notaristefano 

    pagine: 280
    formato: 16 x 22,5 cm
    data di pubblicazione: settembre 2025
    confezione: brossura
    lingua: italiano

    isbn: 9788877573308



    €24,00

    Le ambizioni coloniali hanno generato atteggiamenti, teorie e pratiche imperiali che rimangono radicate nella botanica e in tutte le scienze della vita. Banu Subramaniam attinge a campi disparati come i queer studies, gli studi sugli indigeni e le scienze biologiche per esplorare la storia labirintica di come il colonialismo ha trasformato i ricchi e complessi mondi vegetali in conoscenza biologica. Botanica dell’impero dimostra come le teorie e le pratiche fondamentali della botanica siano state plasmate e rafforzate a favore del dominio coloniale e delle sue ambizioni estrattive. Vediamo come i colonizzatori abbiano cancellato la storia profonda delle piante per creare un sistema riduzionista che imponeva un sistema di denominazione basato sul latino, attingeva alla vita sessuale immaginaria delle élite europee per spiegare la sessualità delle piante e discuteva delle piante straniere come degli esseri umani stranieri. Subramanian si concentra quindi sull’immaginazione di un campo della botanica più inclusivo e capiente, svincolato e decentrato dalle sue origini nelle storie di razzismo, schiavitù e colonialismo. Questa visione sfrutta il potere del pensiero scientifico e femminista per tracciare una rotta verso pratiche di biologia sperimentale socialmente più giuste. 

     

    Banu Subramaniam è professoressa di studi sulle donne, sul genere e sulla sessualità presso il Wellesley College. Formatasi come biologa evoluzionista vegetale, scrive di aspetti sociali e culturali della scienza in relazione alla biologia sperimentale. È autrice di Ghost Stories for Darwin. The Science of Variation and the Politics of Diversity (University of Illinois Press, 2014), Holy Science. The Biopolitics of Hindu Nationalism (University of Washington Press, 2019), Botany of Empire. Plant Worlds and the Scientific Legacies of Colonialism (University of Washington Press, 2024), il suo attuale lavoro si concentra sulla decolonizzazione della botanica, sul nativismo nella biologia vegetale e sulla relazione tra scienza e nazionalismo religioso in India. 

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    Sara Fruner

    Dispaccio lettone

    postfazione di Dario Voltolini
    pagine: 80
    formato: 12 x 18 cm
    data di pubblicazione: ottobre 2025
    confezione: brossura
    lingua: italiano

    isbn: 9788877573285



    €12,00

    Tutto inizia con un viaggio in Lettonia. Un aereo, un’attesa, una frase lunghissima che non si interrompe, fatta di immagini e di suoni, di luoghi e di pensieri, di sradicamenti e prese di possesso dell’alieno, questa frase che canta mentre racconta, che vede mentre chiude gli occhi, che ci porta con sé e non ci lascia mai soli, mai indietro, mai distratti, che però ci allevia dal presente e ci invita allo svago del viaggio, dell’incontro inaspettato, in una Lettonia che come una sfera riflette sulla sua superficie cromata tutto l’universo. 

     

    Sara Fruner, nata a Riva del Garda, dal 2017 abita a New York, dove è docente di italiano presso il Fashion Institute of Technology. I suoi articoli su cinema, arte e letteratura sono apparsi su La Voce di New York, CinematoGraphie, Magazzino 23, Brick. Ha collaborato con il Center for Italian Modern Art e Magazzino Italian Art, e recentemente ha tradotto opere di Marie-Helene Bertino, Jane Hirshfield e W.S. Merwin. È Professional Member dell’Authors Guild e Bogliasco Fellow. L’istante largo, suo romanzo d’esordio (Bollati Boringhieri, 2020 e 2022), le è valso il secondo posto al premio Nazionale Severino Cesari Opera Prima 2021. In poesia alterna volumi in italiano e in inglese: Bitter Bites from Sugar Hills (2018), Lucciole in palmo alla notte (2019), La rossa goletta (2023). 

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    Mainolfi / Bestiario

    a cura di Guido Curto e Clara Goria

    pagine: 96
    formato: 20 x 24 cm
    data di pubblicazione: novembre 2025
    confezione: brossura
    lingua: italiano

    isbn 9788877573254



    €18,00

    Luigi Mainolfi (Rotondi, 16 febbraio 1948) è uno scultore italiano che, noto a livello internazionale, è uno dei principali rappresentanti della cosiddetta scultura post-concettuale, impostasi al principio degli anni Ottanta.

    Oltre venti sculture di Luigi Mainolfi, realizzate tra il 1978 e il 2020, sono state ospitate nella Corte d’Onore, nel Gran Parterre dei Giardini della Reggia di Venaria e nella Cappella di Sant’Uberto nell’estate del 2024.

    Dalle sculture a tema zoomorfo deriva il titolo, Bestiario, che rimanda ai codici miniati medievali illustrati con animali reali e immaginari, ma anche alla zoologia fantastica di Jorge Luis Borges. Un tema ricorrente in Mainolfi, già autore del Bestiario del Sole con le sue policrome creature metamorfiche tra mito e fiaba. Il Bestiario mainolfiano si insedia nelle architetture, invade le verdi geometrie dei giardini ed entra in contatto con la viva presenza di cerbiatti e altra fauna selvatica del parco e del bosco circostante. Creature fantastiche e mutanti, in dialogo con le favole e gli animali modellati e dipinti della Reggia di Venaria, interamente dedicata nel Seicento al mito di Diana, dea della luna e della caccia.

     

    Luigi Mainolfi (1948) pratica una scultura realizzata con materiali naturali come terracotta, gesso, legno, pietra lavica, o fusioni in bronzo, elaborando un suo personale linguaggio attraverso cui evoca le culture popolari del nostro Paese.

    Mostra Mainolfi. Sculture. Bestiario

    La Venaria Reale, Venaria, Torino, 21 Giugno 2024 – 10 Novembre 2024

  • Emilio Prini

    Ultralibri

    a cura di Beatrice Merz
    pagine: 272
    formato: 16,5 x 22 cm
    data di pubblicazione: giugno 2025
    confezione: brossura
    lingua: italiano/inglese

    isbn: 9788877572837



    €35,00

    Figura tra le più singolari dell’arte italiana del secondo Dopoguerra, “un artista che si muove nel vuoto” come ebbe a definirlo Germano Celant, Prini sembra sfuggire, forse intenzionalmente, a qualsiasi definizione possibile. A partire dalle oltre quaranta opere, dal 1966 al 2016, nucleo centrale della prima retrospettiva dalla morte, tenutasi presso la Fondazione Merz dal 28 ottobre 2019 al 9 febbraio 2020, il volume attiva una riflessione critica e storica intorno all’esperienza di uno dei più interessanti e discussi rappresentanti dell’Arte Povera. Una posizione trasgressiva, quella di Prini, o se vogliamo ortodossa nei confronti della pratica artistica e dei codici del sistema dell’arte che insegna la possibilità di cogliere il valore della contraddizione e del dubbio. Un passaggio dell’arte e dell’artista nella vita, o meglio come egli stesso ha definito “non azione ma estensione biologica del sé”, nella contemporaneità che contraddistingue un lavoro di estrema attualità e pronto al confronto con le nuove generazioni.

    Il volume, a cura di Beatrice Merz, include un testo inedito di Luca Lo Pinto, un dialogo storico e mai pubblicato tra l’artista e Hans Ulrich Obrist e una ricca antologia con testi di Adachiara Zevi, Germano Celant e Lorenzo Benedetti. Il libro si giova di un ricco apparato iconografico, con oltre 150 immagini di opere e documenti.

     

    Emilio Prini (Stresa, 1943 – Roma, 2016) è stato un protagonista dell’Arte Povera, uno dei movimenti artistici recenti più influenti e radicali, fortemente connesso al contesto politico e sociale della seconda metà del XX secolo.

  • La bohème

    postfazione di Dario Voltolini
    pagine: 120
    formato: 12 x 18 cm
    data di pubblicazione: giugno 2025
    confezione: brossura
    lingua: italiano

    isbn: 9788877573292



    €12,00

    All’incirca dalle parti dove il 44° parallelo Nord interseca l’8° meridiano Est c’è un luogo della memoria che Marco Drago fa vivere sulla pagina con perizia magistrale. Drago convoca i suoi esseri umani in una specie di presepe vivente che al posto del Bambino ha una Birreria. Per quanto la scrittura di questo autore sia di presa immediata sul lettore, rasoterra nei suoi tragitti scattanti, concreta al punto di essere decodificata prima dai corpi e solo in seguito dalle menti, l’esito di ogni suo testo contiene compressa e compatta una assai articolata visione del mondo e una visione della vita dolente ma divertita, desolata ma sontuosa, sarcastica ma appassionata: disperata e mistica.

    Drago, come tutti coloro con un talento puro per la scrittura, è inimitabile sotto molti aspetti. In particolare ha una capacità misteriosa che gli permette di rovesciare totalmente il rapporto tra ciò che intendiamo con “persona” e ciò che intendiamo con “personaggio”, cioè tra le sue pagine vivono e si incontrano persone che tutto lascia intendere fossero nella vita reale dei (bei) personaggi. Ciascuno con un tic, o una fantasia, o una delusione inemendabile, o una debolezza, o uno stigma, o un’adesione identitaria a ruoli sociali transeunti, o una pulsione invincibile, un talento artistico da dissipare, un innamoramento.

    Nel suo presepe le persone di bella interiorità convivono con gli scoppiati più alla deriva. Tutti nel catino della vita e del tempo trituratore. Tutti amati e burlati in un unico gesto dall’autore. Intorno alla Birreria convergiamo anche noi lettori, perché sentiamo che lì c’è una pulsazione sotterrata e percepiamo che solo uno che scriva come Marco Drago può renderla così immediata.

    Secco, struggente, definitivo il finale. Di questa piccola e universale Bohème.

     

    Marco Drago è scrittore, traduttore e conduttore radiofonico. Ha pubblicato: L’amico del pazzo e altri racconti (Feltrinelli, 1998), Cronache da chissà dove (Minimum Fax, 2000), Domenica sera (Feltrinelli, 2001), Zolle (Feltrinelli, 2005), La vita moderna è rumenta (Feltrinelli, 2012), La prigione grande quanto un paese (Barbera Editore, 2013), Baladin, la birra artigianale è tutta colpa di Teo, con Teo Musso (Feltrinelli, 2013), Sesso calcio e rock and roll (Feltrinelli, 2014) e Innamorato (Bollati Boringhieri, 2023). Ha tradotto molti libri dall’inglese per i maggiori editori italiani. Tra il 2000 e il 2025 ha scritto e condotto con Gaetano Cappa trasmissioni radiofoniche per RadioRai, Radio24 e RSI. Fa parte della factory artistica Istituto Barlumen.

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    Ilaria Maria Sala

    Flower Power. Storie politiche di fiori e giardini dall'Asia

    pagine: 160
    formato: 16 x 22,5 cm
    data di pubblicazione: 2025
    confezione: brossura
    lingua: italiano

    isbn 9788877573278



    €20,00

    Un filo verde lega i boccioli di ciliegio in Giappone agli alberi della gomma della Malaysia, ai giardini botanici di Singapore e a quello distrutto della Perfetta Lucentezza – un filo verde, che definisce l’antropocene e il modo in cui la natura viene saccheggiata, per la sua utilità immediata e per crearne simbolismi al passo con le ideologie correnti.
    In questo volume si osservano le storie dei nostri tempi, viste attraverso i petali di fiori scelti a rappresentare una nazione, con il desiderio di piegare una piccola corolla profumata alle ideologie utili a chi è al governo in quel momento. Sono anche le storie di come le nostre immagini poetiche si scontrano contro la nostra incapacità di vivere senza distruggere quello che ci circonda. Attraverso il simbolismo di fiori e giardini si parla di politica e di storia, di colonialismo e di ecologia, di nazionalismo e di autoritarismo, in un cortocircuito antropocenico.

     

    Ilaria Maria Sala è scrittrice, giornalista, poetessa e ceramista, e vive in Asia dal 1988. Ha compiuto gli studi a Pechino e Londra, poi si è spostata a Tokyo, per fare in seguito base a Hong Kong – trascorrendo nel frattempo lunghi periodi a Shanghai, Kathmandu e Dakar. È autrice di quattro libri: il primo, Il Dio dell’Asia, religione e politica in Oriente (Il Saggiatore, 2006) ha vinto il Premio Brice Chatwin per la letteratura di viaggio; Lettere dalla Cina (Una Città, 2011); Pechino 1989 (Una Città, 2019); L’Eclissi di Hong Kong, topografia di una città in tumulto (ADD Editore, 2022). Collabora a numerose testate, sia italiane che internazionali, fra cui Il Domani, Internazionale, Il Post, The New York Times, The Guardian, The South China Morning Post, e molte altre, ed è parte dell’associazione di giornalisti Lettera 22.