contemporaneo
  • Anteprima
    Ilaria Maria Sala

    Flower Power. Storie politiche di fiori e giardini dall'Asia

    pagine: 160
    formato: 16 x 22,5 cm
    data di pubblicazione: maggio 2025
    confezione: brossura
    lingua: italiano

    isbn 9788877573278



    €20,00

    Un filo verde lega i boccioli di ciliegio in Giappone agli alberi della gomma della Malaysia, ai giardini botanici di Singapore e a quello distrutto della Perfetta Lucentezza – un filo verde, che definisce l’antropocene e il modo in cui la natura viene saccheggiata, per la sua utilità immediata e per crearne simbolismi al passo con le ideologie correnti.
    In questo volume si osservano le storie dei nostri tempi, viste attraverso i petali di fiori scelti a rappresentare una nazione, con il desiderio di piegare una piccola corolla profumata alle ideologie utili a chi è al governo in quel momento. Sono anche le storie di come le nostre immagini poetiche si scontrano contro la nostra incapacità di vivere senza distruggere quello che ci circonda. Attraverso il simbolismo di fiori e giardini si parla di politica e di storia, di colonialismo e di ecologia, di nazionalismo e di autoritarismo, in un cortocircuito antropocenico.

     

    Ilaria Maria Sala è scrittrice, giornalista, poetessa e ceramista, e vive in Asia dal 1988. Ha compiuto gli studi a Pechino e Londra, poi si è spostata a Tokyo, per fare in seguito base a Hong Kong – trascorrendo nel frattempo lunghi periodi a Shanghai, Kathmandu e Dakar. È autrice di quattro libri: il primo, Il Dio dell’Asia, religione e politica in Oriente (Il Saggiatore, 2006) ha vinto il Premio Brice Chatwin per la letteratura di viaggio; Lettere dalla Cina (Una Città, 2011); Pechino 1989 (Una Città, 2019); L’Eclissi di Hong Kong, topografia di una città in tumulto (ADD Editore, 2022). Collabora a numerose testate, sia italiane che internazionali, fra cui Il Domani, Internazionale, Il Post, The New York Times, The Guardian, The South China Morning Post, e molte altre, ed è parte dell’associazione di giornalisti Lettera 22.

  • Storia, finzioni. Cinque fughe teatrali

    postfazione di Graziano Graziani
    pagine: 152
    formato: 16 x 22,5 cm
    data di pubblicazione: ottobre 2024
    confezione: brossura
    lingua: italiano

    isbn 9788877573179



    €20,00

    Tutto quello che in queste fughe si racconta è visto e perso di vista attraverso le nebbie della Storia, è un lembo di bruciante verità esistenziale rimasto impigliato nella trama mai troppo precisata degli eventi collettivi: l’agonia dell’avventura coloniale italiana attraverso la lente deformata di una “storia di famiglia”; il processo a Leni Riefenstahl, la regista di Hitler, ricostruito in forma di audizione per uno spettacolo; l’ondivaga confessione del primo terrorista dissociato della sinistra rivoluzionaria tedesca degli anni ’70; l’imperialismo russo che si ripete in farsa nelle gesta di un attore chiamato a sostituire Vladimir Putin nelle occasioni ufficiali; il maggio del ’68 concentrato e dissolto nel claustrofobico “dramma da camera” di un commissariato parigino.
    In una continua confusione tra sfondo e figura, il singolo continua a essere, come diceva Georg Büchner, “solo schiuma sulle onde” e l’anacronismo del teatro l’unico luogo in cui il suo urlo possa ancora riecheggiare.

     

    Attilio Scarpellini, critico, scrittore e dramaturg. Tra i fondatori dell’associazione di giornalisti Lettera 22 e uno dei principali sostenitori del movimento del Teatro indipendente, ha scritto sulle pagine di Diario e del settimanale online La differenza. Ha diretto la rivista Quaderni del teatro di Roma e ha collaborato alla rubrica di teatro di doppiozero. Tutor di drammaturgia al laboratorio “Corpo scritto” di Elvira Frosini e Daniele Timpano, ha insegnato all’Università di Roma La Sapienza e alla scuola di alta formazione per la danza Da.re. Tra i suoi scritti troviamo L’angelo rovesciato. Quattro saggi sull’11 settembre e la scomparsa della realtà (Idea, 2008), La fortezza vuota. Discorso sulla perdita di senso del teatro (con Massimiliano Civica, Edizioni dell’asino, 2014), Il tempo sospeso delle immagini (Mimesis, 2020) e Figlio di cane (Mimesis, 2024). Racconta immagini e libri ai microfoni di Rai Radio 3.

  • Il tempo che rimane

    La stanza del mondo

    postfazione di Matteo Maria Zuppi
    pagine: 144
    formato: 16 x 22,5 cm
    data di pubblicazione: maggio 2023
    confezione: brossura
    lingua: italiano

    isbn 9788877572981



    €20,00

    Belma Goralija è andata via improvvisamente. Non ho avuto il tempo di incontrarla nella sua casa o al caffè, come avevo pensato. Neppure ho avuto il tempo di tornare a Sarajevo, dove viveva. Complice la pandemia che ha cancellato il biglietto aereo che avevo acquistato due anni fa. Ora rimpiango questo tempo perduto da parte mia e mi sconvolge il tempo vorace della natura umana, in cui scorrono i nostri giorni. Non potremo incontrarci, parlare, ascoltare. Non potrò più scrivere quello che avrei potuto scrivere. Allora io e chiunque altro può chiedere: che fare del tempo che rimane? Proprio quel tempo, il nostro tempo che ci rimane da vivere. Prima era il tempo di correre, di scrivere, ogni giorno. Di raccontare agli altri quello che la vita quotidiana dischiudeva. Oggi mi sembra il tempo di afferrare i ricordi di chi abbiamo incontrato, perché hanno qualcosa o forse tanto da insegnare. Questo verbo mi sembra bellissimo. Il tempo che rimane è attraversato dai loro volti, dalle loro storie, da quello che ci hanno insegnato. L’indice del libro saranno le lettere dei loro nomi.

     

    Filippo Landi nasce a Roma nel 1954. Si laurea in Scienze Politiche all’Università La Sapienza di Roma. Nel 1978 partecipa alla fondazione del settimanale "Il Sabato". Entra in Rai nel 1987. Corrispondente in Arabia Saudita e in Kuwait durante la Prima Guerra del Golfo, poi in ex Jugoslavia e a Sarajevo, durante gli anni dell’assedio, in Kosovo e in Albania. Nel 2001 torna in Medio Oriente, come corrispondente della Rai a Il Cairo e dal 2003 a Gerusalemme, dove rimane fino al 2014. Sulla sua esperienza in Kosovo ha scritto Un treno per Blace (La Meridiana, 1999).

  • Le ceneri della fenice e altri racconti

    La stanza del mondo

    pagine: 148
    formato: 16 x 22,5 cm
    data di pubblicazione: ottobre 2022
    confezione: brossura
    lingua: italiano

    isbn 9788877572899



    €20,00

    C’è l’oceano. C’è il sicomoro e il giuggiolo. C’è la guerra. Ci sono le madri, le figlie. E c’è la habaryar, la madre piccola. C’è Mogadiscio, Roma, l’Europa sua e della storia africana. Il mondo di Ubah Cristina Ali Farah si dipana in uno spazio complesso e chiaramente contemporaneo, segnato però da profondissimi richiami a una sapienza antica e da una dimensione spesso, ma non sempre, onirica. La prima raccolta di racconti pubblicata in Italia comprende l’intero percorso letterario di Ubah Cristina Ali Farah, oltre a una serie di poesie e un testo teatrale inedito. La raffinatezza della sua lingua emerge potente, mostrando la caratura internazionale di una delle scrittrici italiane più interessanti del nostro panorama artistico.

     

    Ubah Cristina Ali Farah, scrittrice e poetessa somala e italiana. Vincitrice del Premio Lingua Madre (2006) e Vittorini (2008), scrittrice in residenza nei più prestigiosi programmi artistici internazionali, è autrice di tre romanzi: Madre piccola (Frassinelli, 2007; 66thand2nd, 2022), Il comandante del fiume (66thand2nd, 2014; 2022), Le stazioni della luna (66thand2nd, 2021) e dell’ekphrasis La danza dell’orice (Juxta Press, 2020) ispirata a un’opera dell’artista keniana Wangechi Mutu. Nel 2018 ha lavorato alla riscrittura dell’Antigone andata diretta a Palermo da Giuseppe Massa e al libretto dell’opera comunitaria Silent City per Matera 2019, diretta da James Bonas con musiche composte da Nigel Osborne. È consulente per UNDP Somalia al progetto “Oral History Histography for Peacebuilding”.

  • Il leone e l'usignolo. Un viaggio attraverso la Turchia moderna

    La stanza del mondo

    traduzione di Luca Castelletti
    postfazione di Andrea Bajani
    pagine: 164
    formato: 16 x 22,5 cm
    data di pubblicazione: aprile 2022
    confezione: brossura
    lingua: italiano

    isbn 9788877572875



    €23,00

    La Turchia, terra divisa tra Oriente e Occidente, appare sospesa tra il suo glorioso passato e un futuro pericoloso e imprevedibile. Dopo il tentato colpo di stato militare contro il presidente Erdoğan nel 2016, un evento che ha scioccato il mondo, il giornalista e romanziere Kaya Genç viaggia alla ricerca dei luoghi e delle persone che racchiudono in sé i contrasti del ricco passato del suo Paese. Mentre attentatori suicidi attaccano Istanbul, e giornalisti e insegnanti vengono imprigionati, Genç cammina per le strade dei quartieri ottomani, raccontando le storie di ordinari cittadini turchi che vivono i conflitti dell’Anatolia. Il leone e l’usignolo, intrecciando memorie, interviste e l'autobiografia dell'autore, è un viaggio contemporaneo attraverso l'anima di un Paese la cui storia è stata divisa tra violenza e bellezza, tra il ruggito dei leoni e il canto degli usignoli.

     

    Kaya Genç è un giornalista, romanziere e saggista di Istanbul. Ha un dottorato in Letteratura inglese ed è autore di quattro libri: The Lion and the Nightingale (I.B. Tauris, 2019), Under the Shadow (I.B. Tauris, 2016), An Istanbul Anthology (American University in Cairo Press, 2015) e Macera (YKY, 2008). Ha contribuito con saggi e articoli alle principali riviste e giornali del mondo, tra cui il New York Times, Foreign Affairs, Times Literary Supplement, The New Yorker, The Nation, The Paris Review, The Guardian e The Financial Times. The Atlantic ha scelto gli scritti di Kaya per la lista delle “migliori opere di giornalismo del 2014” della rivista.

  • Mineur Mineur

    testi di Caroline Bourgeois, Jacopo Chessa, Mohamed El Khatib,
    conversazione tra Caroline Bourgeois e Bertille Bak
    pagine: 160
    data di pubblicazione: maggio 2022
    confezione: cartonato
    lingue: italiano, francese, inglese
    isbn 9788877572905



    €35,00

    Il volume documenta il progetto Mineur Mineur concepito per la mostra allestita alla Fondazione Merz, curata da Caroline Bourgeois, dell’artista Bertille Bak vincitrice della terza edizione del Mario Merz Prize. L’artista esprime un’arte di relazione rivolta a comunità di persone più o meno consapevoli delle loro caratteristiche identitarie e a minoranze spesso dimenticate o represse. Lo stesso titolo della mostra si rifà alla video installazione Mineur Mineur (“minatore minorenne”), che affronta il tema del lavoro minorile che ancora oggi priva dell'infanzia, della dignità e della salute circa 152 milioni di bambini nel mondo. Attraverso un linguaggio da favola che ricorre all’artificio, Bak offre una verità contemporanea fatta di destini tragici, un racconto sociale che diventa una sorta di archivio della memoria che intreccia la vita delle persone incontrate con la produzione di una nuova immaginazione comune. Il volume documenta la genesi e lo sviluppo della mostra, e include, oltre al testo introduttivo della curatrice, una sua un’ampia conversazione con l’artista e altri scritti provenienti da ambiti disciplinari diversi che raccolgono spunti di riflessione su un tema sociale così importante e urgente e sul percorso artistico di Bertille Bak.

    Bertille Bak, nipote di minatori polacchi del nord della Francia, è nata nel 1983 ad Arras e vive e lavora a Parigi. Dal 2002 al 2007 ha frequentato l’Accademia di Belle Arti di Parigi dove è stata allieva di Christian Boltanski e ha poi proseguito gli studi presso il Fresnoy Studio National des Arts Contemporains di Tourcoing.
    Le sue opere sono presenti in numerose collezioni in tutto il mondo. Ha esposto in mostre collettive e personali, presso sedi istituzionali e gallerie private, come The Gallery Apart, Roma, Palazzo Grassi, Venezia, Maison du peuple de Vénissieux e Galerie Xippas, Parigi.