Un atleta muore in circostanze che non si sanno spiegare e a ricostruire la sua vita sarà la fidanzata Hildi, incaricata da una casa editrice di scrivere un mémoire. Hildi inizierà così ad indagare tentando di fare chiarezza sulla vicenda, sui colleghi del suo amato Bálint e sulla soffocante atmosfera postbellica che li circonda. Sullo sfondo di uno stadio chiuso, controllato, così come il regime socialista ungherese dell’epoca, un gruppo di amici è accomunato da un unico, agognato obiettivo: raggiungere un primato, nello sport e nella vita, attraverso la sfida e la conoscenza di se stessi. Scopriranno presto che quell’aspirazione è inafferrabile, come la verità e la morte stessa.
Finito nel 1961, La morte dell’atleta è uscito in Ungheria solo nel 1966 dopo essere stato pubblicato in francese da Editions du Seuil (1965) e poco prima che uscisse in tedesco presso la Hanser Verlag di Monaco (1966), che indusse la censura ungherese ad autorizzarne la pubblicazione in patria. Da allora è stato tradotto in una decina di lingue.
Miklós Mészöly (Szekszárd, 1921 – Budapest, 2001) è tra gli scrittori ungheresi più significativi della seconda metà del Novecento.
Laureatosi in legge nel 1944, viene mandato al fronte lo stesso anno, cadendo prigioniero in Serbia. Lavora come drammaturgo, dal 1958 collabora con la rivista letteraria Jelenkor, cofondatore dell'Accademia delle Arti e della Letteratura Széchenyi, è tra i portavoce della Demokratikus Charta. Tra le sue opere più note si segnalano – per motivi di censura politica non ne sono state pubblicate molte – Magasiskola, Saulus, Pontos történetek, útközben, Film, Megbocsátás, Otthon és világ.